I nostri consigli

Londra. In un afoso mattino dell'8 luglio 1895 Robert Coombes, tredici anni, accoltella la madre. A sangue freddo. Poi insieme al fratello va ad assistere a una partita di cricket. Per dieci giorni i due ragazzini vivono liberi e abbandonati a se stessi nelle strade di uno dei più poveri quartieri della città, fino a quando il delitto non verrà scoperto. Ma la vita di Robert non finisce qui, e neppure la sua storia. Kate Summerscale segue le piste della realtà come un detective offrendoci la ricostruzione di un omicidio vero che si legge come un giallo, ma insieme anche il racconto di un'adolescenza perduta e della possibilità di rifarsi una vita.
Kate Summerscale, Il ragazzo cattivo, Einaudi 2017


Lilith nasce con gli occhi verdi. Lilith nasce alla fine dell'Ottocento, all'interno della tenuta Montpelier, una piantagione di cotone giamaicana, in cui dominano il razzismo e la violenza. Un vero e proprio campo di concentramento dove i confini tra bene e male, giusto e sbagliato, lucidità e follia diventano via via sempre più labili e indistinguibili. Lilith, nonostante gli occhi verdi, è nera, dunque schiava, e cresce, praticamente sola fino a quando non le verrà proposto di unirsi alle "donne della notte", un gruppo di schiave, una sorellanza che sta cercando di ribellarsi alla schiavitù, alla violenza, agli stupri. Ma Lilith è un personaggio complesso, irrisolto, a modo suo feroce. È convinta che i suoi occhi verdi - prova che suo padre era un bianco - la rendano non solo diversa, ma migliore rispetto alle altre schiave. I suoi piani, perciò, sono molto più ambiziosi rispetto all'organizzare una semplice rivolta: "a volte vorrebbe che il grande Dio venisse a trascinare di nuovo via tutti fra le acque. La piantagione, la tenuta e la contea. Il paese e il mondo. Magari così tutti ricomincerebbero daccapo e gli schiavi sarebbero liberi e i liberi sarebbero schiavi".
Marlon James, Le donne della notte, Frassinelli 2016

Dagli anni Venti agli anni Cinquanta del secolo scorso l'Iran, paese fortemente tradizionalista e con un impressionante tasso di analfabetismo, conosce un periodo di modernizzazione. Il primo motore di questa apertura alla modernità e all'Occidente è Reza Khan, diventato scià grazie a un colpo di Stato, che limita il potere temporale dei religiosi, istituisce l'istruzione obbligatoria aprendo scuole in maniera capillare e proibisce l'uso del chador. Dal 1950 al 1953 l'Iran vive addirittura un periodo di autentica democrazia con il governo Mossadeq, finito in un colpo di Stato pilotato dagli anglo-americani che porterà al ritorno dell'assolutismo e, pochi anni dopo, all'integralismo degli ayatollah. Giardini di consolazione è la saga di una famiglia iraniana durante quel movimentato trentennio. Da un paese di rara bellezza ma stritolato da un feudalesimo teocratico alle convulsioni della modernizzazione, dei colpi di stato e delle rivoluzioni, i tre protagonisti conosceranno i cambiamenti della condizione femminile, l'affacciarsi del benessere, lo sradicamento culturale, l'arroganza clericale, i benefici dell'educazione. 
Parisa Reza, Giardini di consolazione, Edizioni E/O 2017

Cosa resta di un viaggio nei deserti americani? La luce accecate, la polvere, le ghost town e altre reliquie dell'abbandono - un ippodromo-astronave, le rive di un lago fossile, un cimitero di aeroplani. Restano pagine fitte di appunti raccolti in ottomila chilometri costellati di imprevisti e digressioni attraverso California, Arizona, Nevada, New Mexico, Texas e Louisiana. A percorrerli, con Giorgio Vasta, ci sono il fotografo Ramak - camicia hawaiana, sorriso cordiale, e una spiccata attitudine a complicarsi la vita - e Silva, pianificatrice e baricentro razionale del viaggio. Doveva essere un reportage, una guida letteraria, ma quando ciò che accade nel deserto - per eccellenza luogo di miraggi e sparizioni - si rivela il preludio di quello che succederà nella vita dello scrittore al suo ritorno, l'asse del libro si modifica: le persone diventano personaggi, e per Vasta il viaggio negli spazi americani diventa un viaggio nella propria immaginazione. A fare da contrappunto, le fotografie di Ramak Fazel, che del racconto sono espansione, verifica e, allo stesso tempo, smentita.
Giorgio Vasta, Ramak Fazel, Absolutely nothing, Quodlibet 2016

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